
Takashi Nagai (1908-1951) è, durante gli studi di medicina, convinto ateo positivista ma mantiene una ragione così aperta alla realtà da farsi spostare dalle provocazioni della vita e della morte, fino a lasciarsi accompagnare al battesimo dall’incontro con Midori Marina Moriyama (1908-1945), sorprendente esempio di fede e di posizione verginale, che sarebbe poi diventata sua moglie. Con il battesimo diviene Paolo, una creatura nuova che vive, guarda e giudica tutto a partire dall’esperienza della fede. Il 9 agosto 1945 Midori compie la sua vita nel sacrificio ultimo, portata in cielo dal fungo nucleare, mentre stringe il suo rosario. Takashi Paolo si incammina sulla strada di una ricercata e profonda povertà di spirito, che lo porta a sperimentare in quel deserto atomico l’amicizia con Dio e a vivere il centuplo della Fede che fa di lui un annuncio incontrabile di Speranza e di Pace per il suo popolo. Sono moltissimi quelli che vanno a cercarlo. Lo chiamano “il santo di Urakami” perché lui, già malato di leucemia, è per chi lo incontra vera sorgente di vita e quindi possibilità di ricostruire sulle rovine, come ha voluto indicare piantando quei 1000 ciliegi con i suoi primi guadagni

Takashi Paolo
Takashi con in genitori
Primo di 5 figli, Takashi Nagai nasce il 3 febbraio 1908, a Matsue, nella prefettura di Shimane, regione che è una delle vere culle dello Shintoismo che ha plasmato cultura, cuore e sensibilità dei giapponesi; in tale tradizione la famiglia educa i figli ai valori della pietà filiale, della lealtà, del coraggio. La famiglia è dedita all’esercizio della medicina: già il nonno praticava la medicina tradizionale e ora il padre, coadiuvato dalla madre, esercita la medicina occidentale. Takashi nasce in un periodo molto particolare della storia del Giappone che, dopo più di 200 anni di chiusura al resto del mondo, dal 1854 si è riaperto ai contatti con l’Occidente, iniziando una corsa verso la modernizzazione per allinearsi alle maggiori potenze moderne: chiamano i maggiori esperti in tutte le discipline scientifiche dagli Stati Uniti e dalle nazioni Europee e inviano i loro studiosi ad apprendere i progressi delle nuove tecnologie. Il Giappone compie rapidamente un balzo in avanti che dà uno scrollone alle tradizioni millenarie, aprendo le porte al mito del progresso e ad un positivismo materialista specie nelle scuole, nelle università e negli ambiti degli intellettuali. Takashi è un giovane molto sensibile, amante della poesia, della pittura e dello sport, ma riconoscerà lui stesso più avanti di essere rimasto schiavo di un positivismo ateo negli anni del liceo e nei primi anni degli studi di Medicina a Nagasaki [1]. Questo fino a quel giorno del marzo 1930, in cui, chiamato d’urgenza al capezzale della madre morente, coglie nel suo ultimo sguardo l’evidenza di qualcosa dell’uomo che non muore e se ne lascia completamente ribaltare, dimostrando di avere una ragione veramente aperta a cercare la verità. Non è più in pace con se stesso e sa di dover andare a fondo di quell’intuizione, cercando il senso della vita e della morte. In questo percorso di scoperta di sè gli sono compagni i Pensieri di Blaise Pascal, ma capisce presto che un libro non basta. Decide di verificare chi sono veramente i cristiani andando a conoscerli a Urakami, quartiere nord della città di Nagasaki da secoli completamente cristiano, laddove le campane della grande chiesa da sempre lo avevano infastidito suonando tre volte al giorno per chiamare tutti alla preghiera dell’Angelus. Prende alloggio come studente presso la famiglia Moriyama che solo dopo scoprirà discendere dai responsabili della comunità dei Cristiani Nascosti di Urakami, il popolo di fedeli occulti che per tre secoli avevano custodito e tramandato la fede cattolica in clandestinità durante il periodo delle cruenti persecuzioni. Nella convivenza con i coniugi Moriyama i suoi pregiudizi si trasformano in conoscenza e stima e impara ad apprezzare il loro modo di vivere e la storia dei loro antenati. Tutti hanno notato in corsia che dopo la morte della madre il suo rapporto con i malati è cambiato.
Nel marzo 1932 si laurea in Medicina; è il più bravo e viene invitato a fermarsi in università. Per una meningite post-otite gli residua una sordità dell’orecchio destro che lo costringe a rinunciare al suo sogno di fare il medico internista (non potendo più utilizzare il fonendoscopio) e cambiare specializzazione: farà il radiologo, dedicandosi a quella nuova specialità appena importata dall’Europa dal prof. Suetsugu, del quale diventa assistente, e alla quale rapidamente si appassiona per le possibilità che offre sia in campo clinico che della ricerca. Si dedica con tutto se stesso, tanto che si trattiene in laboratorio fino a tarda notte e tra i suoi pazienti avrà anche modo di visitare padre Massimiliano Kolbe! La veglia di Natale 1932 viene invitato a restare a cena con i coniugi Moriyama che dal primo giorno pregano perché possa conoscere Cristo attraverso i suoi malati. Parlano di cosa è il Natale e quella sera è presente anche la loro figlia Midori, che vive lontana da casa per il suo lavoro da maestra. Lo invitano a partecipare alla Messa. Dapprima riluttante, finisce per accettare, memore delle parole di Pascal. Rimane sconvolto da una Presenza palpabile a lui prima sconosciuta: “ho sentito qualcuno vicino a me che non conoscevo ancora”. L’indomani sera al rientro dal lavoro viene chiamato dal padre di Midori perché la giovane sta male: appendicite acuta che sta andando in peritonite. Nevica. Se la carica sulle spalle e la porta in Ospedale dove la operano d’urgenza salvandole la vita.
Il 21 gennaio 1933 Takashi riceve l’ordine di partire per la terribile guerra in corso del Giappone contro la Cina. Sa che molti soldati non tornano e soffre all’idea di lasciare incompiute le sue ricerche. In questo triste stato d’animo, la sera prima della partenza sente bussare alla sua porta. È Midori in kimono, profondamente inchinata, che gli porge un maglione fatto da lei durante la convalescenza: “Mi scusi sono venuta a ringraziarla per avermi salvato la vita”. Lui, seduto di fronte in posizione altrettanto formale, con un inchino e senza parole prende il maglione e la bacia. L’indomani Takashi parte per Hiroshima, luogo dell’addestramento militare, e poi per la Cina, dove viene investito dall’ideologia militarista secondo l’etica del samurai. Midori prega e scrive ogni giorno. Immerso nella violenza della guerra, al campo riceve per posta dei guanti fatti da Midori, una lettera e il catechismo. È stupefatto dalla lettura del libro: ma come è possibile che in quelle semplici righe ci siano chiare le risposte alle domande di tutta la sua vita? E quei dieci comandamenti, che gli fanno sentire di essere sporco e volgare? La sua vita incomincia a cambiare anche se la guerra è terribile: nel suo libro il dottor Nagai descrive le molte amputazioni e quei cadaveri di vecchi e bambini dilaniati dall’artiglieria. La propaganda urla che il compito del giapponese è fermare il bolscevismo disumano e il colonialismo occidentale, ma la brutalità dell’esercito giapponese lo turba profondamente. Svanisce anche il mito della scienza e del progresso. Rimane Pascal per amico, che gli dice che per conoscere Dio occorre mettersi in ginocchio.
Al ritorno a Nagasaki davanti al soldato provato e deluso dalla guerra si aprono due opzioni possibili: da un lato il fronte del porto, con i divertimenti e l’ebbrezza dell’alcool; dall’altro la grande chiesa di Urakami, la collina dei martiri e il convento fondato da padre Kolbe. Andare a stordirsi, come tanti reduci facevano, o cercare Midori, per chiederle scusa dell’uomo che lui è e andare in chiesa a cercare luce? La decisione è presa: svolta verso Urakami. Sale alla chiesa dove trova quel sacerdote che aveva celebrato la Messa di Natale e gli chiede come fa a credere con quella certezza che gli fa brillare lo sguardo e che gli ha permesso di diventare sacerdote.
La risposta è il racconto della sua vita: i nonni morti in prigione perché cristiani, il padre chiuso in campo di detenzione e torturato anche con la vista del martirio del fratellino quattordicenne, tanto amato, dal quale riceve come ultime parole la profezia che sarebbe ritornato vivo a Urakami e avrebbe avuto un figlio prete, mentre la sorella si sarebbe presa cura degli orfani. Così era accaduto in effetti. Il sacerdote, figlio di quella profezia, accoglie commosso questo soldato tornato dal fronte che si sente troppo peccatore e lo invita a pregare: “il Vangelo si sperimenta pregando, non si può capire con l’intelligenza” come invece la radiologia. Tada suware: mettiti in ginocchio e capirai, si sta sul petto di Gesù per conoscerLo! Il dottor Nagai riprende il suo lavoro in Radiologia e intanto inizia la catechesi per il Battesimo. Chiedere il battesimo non è una decisione facile: suo padre è contrario e tanti sono gli ostacoli. È infatti in ripresa da parte dei militaristi l’ostilità al cristianesimo e anche in università è un ostacolo alla carriera. Si potrebbe almeno rimandare, ma Nagai decide di chiederlo subito. Sceglie come nome Paolo: da Paolo Miki. Il padrino è un cugino di Midori, che poi, su consiglio del sacerdote, si fa mediatore rapido di un incontro formale fra i due. Takashi vuole però prima del matrimonio rendere chiari a Midori i rischi connessi al suo lavoro di radiologo. Dopo il battesimo Takashi è diventato una creatura radicalmente nuova: vive, giudica, tratta, conosce tutto in modo diverso, compresi i nemici, la guerra, il lavoro, la politica. Questo si evince chiaramente dai suoi scritti e costituisce una forte provocazione per noi battezzati in un mondo fortemente tentato di relativismo. È un padre e marito felice ma in questo periodo molto distratto dalle sue ricerche e dai suoi pazienti, tanto che, in quel tempo difficilissimo di crisi economica, lascia alla moglie la gestione e l’economia della casa e l’educazione dei figli (quattro figli, di cui due morti infanti). Tuttavia coniuga scienza e carità [2]. Conosce la San Vincenzo, si prende cura di poveri e per lui “L’assistenza ai poveri vale soltanto se contribuisce a restituire dignità alla persona”. Molti episodi dimostrano il suo radicale cambiamento. In particolare è sorprendente la sua posizione nella seconda guerra sino-giapponese: la guerra del 1937 in Manciuria è simile alla precedente, ma è Takashi ad essere diverso. Il battesimo ha fatto di lui un uomo nuovo. Si distingue per il suo coraggio, offrendosi volontario per imprese impossibili attraversando le linee nemiche per recuperare farmaci per i suoi feriti. È instancabile nel soccorrere i malati: impara ad allestire rapidi ed efficaci campi di soccorso medico, a gestire il personale, a intervenire tempestivamente nel mezzo di un attacco bellico. Impara anche a costruire bunker sotterranei per tenere i feriti al riparo dalle bombe e, cosa più sorprendente, Takashi non soccorre solo i giapponesi, ma anche i nemici cinesi e i suoi superiori glielo lasciano fare! In particolare contatta la San Vincenzo cinese per portare soccorso con viveri e vestiti. Takashi è un fervente nazionalista, ma ha in odio la guerra e il militarismo; tuttavia questa volta scopre una nuova serenità, nutrita dalla preghiera. Si affida in particolare al rosario e inventa i nembutsu cristiani, brevi giaculatorie tratte da passi evangelici, salmi, o brevi orazioni. Un episodio lo mette particolarmente alla prova. È la vigilia del Natale del 1939, i cinesi li hanno colpiti di sorpresa uccidendo trecento soldati e sono pronti ad annientare i restanti. Il capitano gli comanda di raccogliere i malati intorno alla bandiera e cospargere tutto di benzina: se soccombono al nemico, dovrà dar loro fuoco perché non cadano in mano al nemico. Takashi chiede di non essere disturbato e si ritira in preghiera, affidando tutto. Infine arriva un messaggero: il nemico si è ritirato! In quei giorni una lettera dal Giappone gli annuncia la morte per epidemia del padre di Midori e della figlia Ikuko. Il ritorno a casa di Takashi è drammatico. Midori è a pezzi: si sente colpevole della morte della piccola Ikuko e tutto il Giappone è economicamente e moralmente in ginocchio, mentre l’esercito mente sugli esiti disastrosi della guerra. Takashi torna a Pascal in cerca di risposte, e vi trova: “Soltanto in Cristo si può risolvere il paradosso della grandezza e della miseria dell’uomo”, e la soluzione del paradosso è “vivere per la gloria di Cristo”. Così riconosce che il suo ritorno a casa è “voluto dal Figlio di Dio, per servire il Padre con il suo lavoro”. Il suo cambiamento si manifesta anche nel modo di insegnare agli studenti a prendersi cura dei malati e dei feriti e nel modo di guardare con dolore all’entrata in guerra del Giappone.
(a sinistra foto del 1937-1940. Takashi, secondo da destra in prima fila, insieme ai commilitoni durante la Seconda Guerra Sino-Giapponese)
Nella primavera del 1945 si autodiagnostica una leucemia mieloide cronica, conseguenza del suo lavoro di radiologo nel quale non si è risparmiato per il bene di pazienti e per il progresso della scienza radiologica;
sa che dopo pochi anni dovrà morire e lasciare orfani i figli: prima di rientrare a casa a dirlo a Midori passa a pregare sulla collina di Paolo Miki. Nella primavera del 1945 si autodiagnostica una leucemia mieloide cronica, conseguenza del suo lavoro di radiologo nel quale non si è risparmiato per il bene di pazienti e per il progresso della scienza radiologica; sa che dopo pochi anni dovrà morire e lasciare orfani i figli: prima di rientrare a casa a dirlo a Midori passa a pregare sulla collina di Paolo Miki. Ancora una volta è Midori a confortarlo rispondendo con totale fede nella consapevolezza che tutto è già messo in conto fin dal primo giorno del loro sì. Completamente abbandonata alla volontà di Dio, è la roccia per i suoi passi. Senza Midori non ci sarebbe stato Takashi Paolo, perché ognuno nel cammino della Chiesa è accompagnato nella vocazione da una presenza carnale, segno di un’altra Presenza. Intanto la guerra infuria e il 9 agosto 1945 viene lanciata su Nagasaki la seconda bomba atomica. L’epicentro è proprio Urakami. In quel momento Takashi è di guardia nel bunker di radiologia; questo gli permette di sopravvivere anche se riporta una grave lesione dell’arteria temporale destra. Appena esce, vede l’orrore: il quartiere dei cristiani di Urakami, con la grande chiesa di Nagasaki ormai non esiste più. Circa 70.000 persone sono morte subito, carbonizzate o spellate vive. Fino all’arrivo dei soccorsi dalle altre città in quei primi due giorni si occupa senza sosta di curare i sopravvissuti, in condizioni disperate; solo dopo 3 giorni si permette di andare verso casa sua, ben sapendo che se Midori non è venuta è perché Midori non c’è più. Trova pochi resti delle ossa carbonizzate vicino ad un rosario sciolto, là dove era la loro casa. [3] L’indomani porta la notizia ai due figli rifugiati con la nonna fuori città; rimane lì, a 6 km da Nagasaki, dove continua a curare i sopravvissuti e dove viene raggiunto il 15 agosto dalla voce dell’imperatore che alla radio dà la notizia sconvolgente della resa incondizionata del Giappone per la fine della seconda guerra mondiale.
(foto a destra. Takashi tra le rovine di una Urakami annichilita dall’esplosione della bomba aomica)
Nel successivo tempo di lutto prega e osserva la realtà con gli occhi della fede, scorgendovi dei segni che, come dirà nel novembre 1945, durante la messa di suffragio per i morti della bomba celebrata tra le rovine della chiesa,
lo portano a leggere quella tragedia e la morte dei tanti cristiani di Urakami come l’offerta dell’Agnello sacrificale di un popolo di martiri per la fine della guerra e la pace nel mondo.
In settembre Takashi è in fin di vita a causa della leucemia e dell’emorragia inarrestabile dovuta alla lesione dell’arteria temporale che si è riaperta per le conseguenze delle radiazioni nucleari sui tessuti. I medici testimoniano che sta morendo. La suocera gli fa bere l’acqua benedetta della fonte del santuario fondato da padre Kolbe e Takashi sente una voce di donna che gli dice di pregare padre Kolbe. Così fa e di colpo l’emorragia si arresta.
Dal 15 ottobre 1945, avendo visto ricrescere un filo d’erba e qualche formica riapparire nel deserto atomico, capisce che la vita è ancora possibile e ritorna ad abitare a Urakami, là dove sono i ruderi della sua vecchia casa, sotto una tettoia di lamine di metallo, per accogliere i reduci della guerra che non ritrovano né la loro casa né i loro cari e per cominciare a ricostruire la vita là dove non c’è più niente. Takashi invita ciascuno a non fuggire ma a restare con lui “per camminare sulla via delle beatitudini”.
E questo ultimo tratto della sua vita è quello che più colpisce: lui, professore universitario, inizia in forma eroica un percorso di ricercata povertà di spirito, oltre che di una assoluta povertà materiale come strada per lui e per chi lo incontra di una tale amicizia e compagnia con Dio che tutto ridiventa possibile e vivo. Arriva a dire: “camminavo con Dio nella desolazione spettrale di Urakami e finalmente capivo la profondità della sua amicizia” come il popolo d’Israele nel deserto. Per sé e per i suoi figli tiene il minimo indispensabile, mentre si preoccupa del bene comune. Con gli amici riesce a ritrovare sotto le macerie della chiesa la campana, issarla e farla suonare per la prima volta proprio la notte della vigilia del triste Natale 1945. È l’inizio della ripresa: neanche la bomba atomica può far tacere le campane di Dio! Invita tutti a non pensare a sé stessi e al proprio dolore ma a lavorare per ricostruire la vita facendo quello che ognuno può: lui può scrivere libri, grazie ai quali guadagna i primi soldi, che devolve completamente alla ricostruzione dell’ospedale, di una scuola, di una chiesa, di una biblioteca e con i quali decide persino di far piantare 1000 ciliegi, per riportare la bellezza in quella landa desolata. La progressione della sua malattia lo rende allettato dagli inizi del 1946 e nel 1948 decide di andare a vivere in una piccolissima capanna di 2x2 metri, lasciando alla famiglia del fratello, alla nonna e ai figli la casa più grande. Ribattezza questa capanna Nyokodo, il santuario dell’amore a se stessi, a voler indicare che quello è il luogo dove lui può compiere il suo cammino di ascesi nell’amicizia col Signore. Come lui stesso dice, è suo desiderio imitare la povertà di san Francesco. Non è più in grado di fare niente se non scrivere i suoi libri e le lettere di notte ma la sua persona stessa diventa una tale fonte di luce e speranza che migliaia di persone vanno a trovarlo, ogni giorno, per avere conforto e pace. È stato chiamato il “mistico della pace”; ma di quella pace che è frutto di un profondo lavoro ascetico contro il proprio egoismo per accogliere ogni vicino, ben diversa dal pacifismo che grida in piazza slogan contro gli altri senza impegnarsi su di sé e sulla realtà. E di questa posizione dà prova lui stesso quando viene calunniato e non si difende. Questa conversione dello sguardo a tutto che traspare nella letizia del suo volto (anche in fotografia!) fa della sua persona un annuncio credibile e diventa motore di pace e capacità di ricostruzione per tutto il popolo di Nagasaki e per le moltissime persone che vengono a cercarlo da tutto il Giappone e da altri paesi. Persino per i lebbrosi a cui scrive di notte. Non quello che si dice infatti è veramente annuncio, ma quello che si è, visibile e incontrabile; infatti è la sua persona ad essere cercata: dall’imperatore in persona fino al Pontefice che gli manda due volte un messo, passando per moltissime personalità famose del mondo (quali Evita Peron e Helen Keller), ma anche dal popolo comune. La sua vita è offerta ogni giorno a ciascuno sino al 1° maggio 1951, giorno in cui, capendo di essere arrivato alla fine, si fa condurre in barella prima alla chiesa, per pregare ancora una volta per la pace, e poi al suo ospedale, dove raccomanda a tutti di pregare. Muore, e, come da sua disposizione, dona il suo corpo per l’autopsia perché gli studenti possano imparare anche da questo. Al suo funerale tutta la città si ferma e al suono della campana della chiesa di Urakami si uniscono all’unisono le campane di tutte le chiese, dei templi buddhisti e le sirene delle fabbriche e del porto. È l’addio di tutta Nagasaki al suo grande cittadino. L’epitaffio per la tomba, da lui stesso composto dice: «Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare» (Lc 17,10). Un film è stato realizzato sulla sua vita mentre era ancora in vita e gli attori lo hanno incontrato. Una canzone viene suonata alla stazione vicina alla sua abitazione. Molti missionari da quel film sono stati toccati nel cuore della loro vocazione.
(foto a destra. Takashi Nagai nel Nyokodo)
Nel 1942 è stato uno dei tre fondatori dei Medici cattolici giapponesi e già nel 1951 i Medici Cattolici Italiani lo conoscevano ed erano così grati della sua testimonianza da inviargli una statua della Vergine in marmo di Carrara!
Ancora oggi in Giappone si dice: due sono state le bombe atomiche, ma a Hiroshima si grida, mentre a Nagasaki si prega. Tutti sanno che la differenza la ha fatta il dr. Takashi Paolo Nagai. La sua capanna di 2x2 metri è meta di pellegrinaggi e si trova in una strada chiamata ‘via del Santo’, perché Takashi è noto nella sua città come il Santo di Urakami.
(Foto. Nel Nyokodo con i figli)
Santo è un uomo veramente compiuto e dobbiamo riconoscere che, in una circostanza storica terribile, Takashi ha ben compiuto la sua vocazione di padre, che ai figli ha mostrato la strada non facile che li attendeva come orfani, e di medico. Lo ha fatto attraverso la croce e un continuo lavoro su di sé, in una profonda povertà di spirito che lo ha portato a donarsi totalmente.
[1] “Al liceo mi resi schiavo del naturalismo… supponevo semplicemente che l’essere umano non fosse altro che materia…. mi era difficile ammettere l’esistenza di quella cosa vaga che si chiama anima… Era l’età della scienza onnipotente, era l’età del positivismo.”
[2] “Le parole del discorso della montagna “beati quelli che piangono”, devono essere prese alla lettera dai medici. Un vero medico soffre con ciascuno dei suoi pazienti. Se il paziente ha paura di morire, anche il medico ha paura. Quando il malato finalmente guarisce e dice grazie, anche il medico risponde grazie. Se il tuo paziente è un vecchio, trattalo come fosse tuo padre; se è un bambino, come fosse tuo figlio. Ogni paziente diventa tuo fratello, tua sorella, tua madre e tu sei tutto per lui. Guardi e riguardi con ansia quegli esami e quei raggi, mediti sulla cartella clinica, non lasci nulla di intentato. Come sbagliavo quando, appena laureato, credevo che la pratica medica fosse una questione di tecnica! Come se il medico fosse il meccanico di quella macchina che si chiama corpo! No, un medico deve essere una persona che sente nel proprio corpo e nel proprio spirito ciò che il malato soffre nel corpo e nello spirito. Sono arrivato a capire che la medicina è una vocazione, una chiamata personale da parte di Dio, il che significa che esaminare un paziente, fargli i raggi o fargli un’iniezione è parte del Regno di Dio. Quando me ne sono reso conto, mi sono scoperto a pregare per ciascuno dei miei malati... Soltanto se uno ha sofferto e pianto, può capire cos’è lacompassione e può confortare chi soffre. Se tu non hai mai pianto, non puoi asciugare le lacrime di un altro..”.
[3] “Raccolsi in un secchio quei resti che mi sembravano ancora caldi. Stringendo forte il secchio fra le braccia, mi diressi verso la tomba. Perché non ero morto io? Perché la provvidenza aveva condannato lei e salvato me?... Camminavo abbracciando il secchio. Le ossa di lei urtavano il ferro e sembravano dirmi: perdonami, perdonami…Dio mio, grazie perché le hai concesso di morire pregando. O Madre addolorata, grazie per essere stata vicina alla mia fedele Midori nell’ora della sua morte…O buon Gesù, nostro Salvatore, tu che hai sudato sangue e hai portato la tua pesante croce e vi sei stato crocifisso, illumina adesso con la tua pace il mistero del dolore e della morte mia e di Midori”.
Midori Marina
Il 9 agosto 1945 muore a 36 anni Midori Marina Moriyama, sposa Nagai, per lo scoppio della bomba atomica sganciata sul quartiere cristiano di Nagasaki, Urakami, dove abitava con il marito e i due figli viventi dei quattro generati. Il marito Takashi, che si trovava a lavoro in ospedale, capisce che Midori è morta pregando perché, quando tre giorni dopo riesce a raggiungere, nella completa devastazione atomica, il luogo dove sorgeva la loro casa, trova, vicino alle ossa carbonizzate della moglie, la catena metallica e la croce (il resto è fuso) di quel rosario che Midori non lasciava mai. Nell’immane dolore ringrazia Dio che sia morta pregando.
Midori discende per parte di padre dalla preziosa storia dei Cristiani Nascosti, il popolo di fedeli che avevano preservato la fede in clandestinità per 250 anni di atroci persecuzioni. La famiglia Moriyama è stata infatti per 7 generazioni chokata (responsabili del calendario), cioè guida della comunità dei Cristiani Nascosti di Urakami, custodi della fede, del Battesimo, della profezia del ritorno dei sacerdoti e di tutto ciò di cui era segno il crocifisso dei martiri, il bene più prezioso che si erano tramandati di generazione in generazione e davanti al quale Midori depone sempre, in un dialogo orante e familiare con Dio, le sue domande e i suoi sacrifici.
Il padre Sadakichi Moriyama è figlio di Heizaemon, ritornato nel 1873 dal campo di concentramento dopo l’ultima persecuzione dei cristiani giapponesi del 1869 e ha, con gli altri sopravvissuti, riportato alla vita il terreno da anni abbandonato di Urakami e ricostruito la chiesa. La madre Tsumo invece, che prima del matrimonio non era cristiana, viene dall’isola di Ukujima dove Sadakichi si recava per lavoro e l’aveva incontrata.
Midori nasce l’8 ottobre 1908. È figlia unica, diventa maestra e lavora lontano da casa. Quando i suoi genitori decidono di ospitare quello studente di medicina sino ad allora sconosciuto che è Takashi Nagai, da subito partecipa con la famiglia alla preghiera perché lui possa incontrare Cristo. Midori lo conosce la vigilia del Natale 1932 quando Takashi è invitato a cena dai suoi genitori e poi a partecipare alla Messa, che sarà per lui il primo sconvolgente incontro con la Presenza del Signore. Il giorno dopo Midori viene salvata da morte certa per peritonite grazie al tempestivo intervento del giovane Takashi. Inizia così la sua discreta presenza a fianco del giovane Takashi che si sta interrogando sul senso del vivere e del morire. Colpisce profondamente la posizione verginale di Midori nell’affezione: prega ogni giorno la Madonna perché lui ritorni salvo dalla guerra e possa conoscere Cristo, gli invia al campo di addestramento il catechismo, e soprattutto è disponibile al sacrificio del suo sentimento. Infatti quando Takashi ritorna salvo dalla guerra e inizia un cammino di conversione, Midori, che non si ritiene degna di lui, considera terminato il suo compito e offre a Dio nella gratitudine il sacrificio del suo sentimento per lui, chiedendo aiuto a Maria che ha sempre saputo dire il suo sì. Nel 1934 invece, dopo il battesimo di Takashi che diventa Paolo, un sacerdote favorisce il matrimonio tra i due e anche in questa occasione Midori dimostra il suo totale abbandono alla volontà di Dio e lo fa rispondendo con le parole bibliche di Ruth e offrendo la propria vita per la loro vocazione insieme quando Takashi le prospetta i rischi a cui lui andrà incontro per la professione di radiologo.
Agosto 1934. Il matrimonio di Takashi e Midori
Da subito è moglie e madre premurosa e affettuosa, custode e sostegno della famiglia anche nella gestione economica in quell’epoca di grave crisi del Giappone. Lei che è maestra, appena finisce le lezioni, si cambia d’abito e svolge senza mai lamentarsi i lavori più umili quando, appena costituita la famiglia, lo stipendio del giovane marito è ancora scarso. Non si concedono svaghi e non comprano vestiti perché è Midori a vestire tutti lavorando assiduamente con le sue mani: cuce per tutta la famiglia calze, camicie, guanti, abiti e persino soprabiti tanto che le colleghe del marito commentano che così il dottore si sente abbracciato dalla moglie anche di giorno! Lavora nei campi quando c’è il sole, poi cuce e lavora a maglia. Un dettaglio: non usa mai la cipria, perché ama la bellezza naturale e quella che viene da dentro (solo una volta, la mattina del matrimonio l’ha usata!). Trova anche il modo di mettere da parte dei soldi per i figli, per quando andranno a scuola…
Permette al marito di fare la sua strada: amorevolmente se ne prende cura anche se lo vede totalmente immerso nelle sue ricerche e distratto anche quando torna a casa e di fatto si assume la conduzione di tutta la famiglia e la cura dei figli. Dice che le sembra di essere l’assistente di un sonnambulo in quei momenti eppure quando il marito finisce di scrivere un articolo scientifico lei lo legge e, pur senza riuscire a comprenderne i contenuti, si commuove per il solo fatto che è il frutto del lavoro e delle fatiche del marito. Senza Midori, Takashi non avrebbe potuto diventare quello scienziato, quel medico e quel padre che è diventato.
I due sposi poi amano il loro quartiere di Urakami e ne assumono responsabilità pubbliche. Quando Midori diventa presidentessa della società femminile della comunità di Urakami insegna il modo di cucinare le erbe dei campi, di cucire i calzoni e riunisce le giovani per dare loro lezioni sulle arti floreali. È considerata un grande sostegno sia dalle allieve che dalle donne del quartiere che cerca di aiutare e istruire. Durante la guerra insegna anche a scavare i rifugi antiaerei, soccorrere i feriti, arare i campi dopo i bombardamenti. Lavoratrice indefessa e presenza significativa di speranza.
Quando Nagai riceve nel 1945 la diagnosi di leucemia, contratta a causa dell’esposizione alle radiazioni per la sua professione, è Midori a confortarlo: totalmente abbandonata alla volontà di Dio, considera l’accettazione della buona e della cattiva sorte già inclusa nel vincolo coniugale.
L’8 agosto 1945, il giorno prima dell’esplosione della bomba atomica e quindi della sua morte, il marito esce di casa per recarsi al lavoro ma torna subito indietro perché ha dimenticato il pranzo. La trova davanti al crocefisso che piange e prega per la sua salute. È l’ultima volta che la vede.
Il 9 agosto 1945 alle ore 11:02 esplode la bomba atomica. Sia il marito (che si trovava a lavoro, schermato dalle pareti in cemento dell’istituto di radiologia) che i figli (che si trovavano lontano da casa, evacuati dai genitori per sicurezza) dicono di avere intravisto il suo volto nell’attimo terribile dell’esplosione atomica, quasi avesse voluto salutarli e assicurarli che avrebbe continuato a prendersi cura di loro. Certo l’incredibile paternità vissuta e documentata nei suoi scritti da Takashi dopo la morte della moglie ha proseguito il comune compito educativo nei confronti dei figli, destinati a diventare ben presto orfani anche di un padre leucemico che conosceva la sua prognosi. La madre aveva ben seminato e certo continuava a custodirli e guidarli tutti.
Il rosario di Midori rinvenuto da Takashi insieme ai resti delle sue ossa tra le macerie della loro casa
Midori ha vissuto giorno per giorno una grande fede, visibile espressione del suo rapporto personale col Mistero, che l’ha resa capace di accompagnare Takashi nel suo percorso di conversione. Ha vissuto una verginità del cuore capace di vivere con tutti una affezione piena ma con un distacco dentro e un dono totale di sé offrendo tutto ciò che ha potuto: il suo tempo, ciò che sapeva, la sua bontà, la sua continua preghiera, la sua vita tutta. E la sua morte. Anche la speranza che Takashi vedovo porta a tutta la città e al mondo intero è frutto maturo e eredità della comunione vissuta tra di loro in obbedienza al disegno del Padre.